lunedì 29 dicembre 2014

Potenza della musica.

La musica è qualcosa di potente.
In quello stanzino all'ultimo piano con vista trulli (che già in passato ha ospitato tanta musica, sarà un destino...) volevamo farci un attico. Ma Cosmo voleva metterci la batteria e Martino registrare qualcosa con gli amici. Nel frattempo era stato declassato a lavanderia-deposito cianfrusaglie.
Via tutto: con l'aiuto di babbo, nel giro di poche settimane sono stati rimessi a nuovo gli infissi, pitturate le pareti, posata la moquette, posati i fonoassorbenti e infine eccolo qua, il nuovo "home recording studio", fortemente desiderato e appena terminato!


martedì 25 novembre 2014

C'era una volta il genio italico.


Due notizie dal mondo scientifico, a pochi giorni di distanza tra loro, entrambe di portata storica per il nostro Paese. Passate, ahimè, in totale secondo piano: dannazione, perchè?! Dapprima la missione Rosetta, col suo lander Philae e la strumentazione di bordo in parte di progettazione e realizzazione italiana, la prima volta nella storia di una sonda terrestre su una cometa, poi la cosmonauta Samantha Cristoforetti, prima cosmonauta italiana in assoluto, selezionata tra 9mila sue colleghe aspiranti tali per una missione nella stazione spaziale internazionale ISS. Mi si contorcono le budella a pensare, nell'ordine: 1) che la missione Rosetta per il TG4 (sedicente tiggì nazionale) è semplicemente quella che "rovina l'immagine della stella natalizia"; 2) che la diretta dell'aggancio con la ISS del modulo spaziale con la Samantha su RaiNews24 ha avuto uno share di meno di un decimo della diretta radio del derby Milan-Inter; 3) che neanche tre anni fa un Ministro Italiano della Pubblica Istruzione enfaticamente plaudeva all'apertura del tunnel di 750 km tra il laboratorio del Gran Sasso ed il Cern di Ginevra - e di grandi passi a livello ministeriale da quel triste giorno non ce ne sono stati -; 4) che prima ci sedevamo al tavolo coi grandi del G7, poi abbiamo ospitato il G8 (tirando a lucido l'inverosimile anche a costo di debiti ventennali e impietosendo gli ospiti sulle rovine dell'Aquila per elemosinare accordi energetici favorevoli), ora ci accontentiamo di fare la foto di gruppo al G20 - dove si parla di tutto purchè non si cambi nulla. E infine, è un fatto che ci sia un sottile filo rosa che lega i due avvenimenti - è determinante il contributo femminile nella missione Rosetta - ma per l'italico macho medio per il quale la donna va bene finchè è bella e non pensante oppure mamma a casa, l'accusa di aver fatto passare in secondo piano gli eventi storici di cui sopra è solo un complotto della statistica.

lunedì 20 ottobre 2014

Una fiction ci risolleverà (sigh!)

E ora basta, adesso hanno rotto davvero. L'ennesima fiction Rai basata sulle storie del miracolo italiano, imprenditori illuminati e fortunati che hanno lasciato il segno: ora è la volta dell'Autostrada del Sole, prima di una serie di grandi opere pubbliche che ha unito l'Italia ed ha contribuito a farne un paese moderno. Iniziativa buona, nelle intenzioni, ma che ancora una volta, sin dalle prime scene, lascia un grande amaro in bocca. Perchè, secondo il sottoscritto, ormai questo è un disegno preciso: affidare alla fiction il compito di risollevare il morale dell'italiano, schiacciato da scandali e degrado morale ormai da anni. Altresì non si spiegherebbe il proliferare di fiction analoghe: le sorelle Fontana, Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Giovanni Borghi, ecc. Il Made in Italy è un curriculum che abbiamo ormai bruciato ampiamente, in tutte le sedi internazionali, non è il caso di infierire oltre, non facciamoci più del male. E voglio credere anche che non ci sia un disegno in tutto ciò, che sia solo un caso che gli sceneggiatori abbiano attinto dalle storie italiane esemplari tutti insieme e tutti nello stesso tempo, ma il dubbio rimane. Comunque, se pure fosse, se il pio intento fosse proprio quello di suscitare nuovi talenti e nuovi miracoli italiani, è un bambino morto in culla, perchè per ogni geniale inventore italico che tenta di aprire una bottega e farla crescere con una bella idea (ora le chiamano start-up, fa più trendy) c'è un burocrate che ti consegna una lista di adempimenti da onorare e di moduli da compilare (e dietro l'angolo un nerd nordeuropeo che l'ha già fatto ieri). Bravi, bravi, sceneggiatori dei miei maroni, v'ho lasciato 10 minuti del mio tempo e poi ho fatto zapping. Nauseato.


domenica 5 ottobre 2014

Sì, tu che mi bolli questa musica come "inascoltabile", ti conosco: so perchè lo dici, semplicemente perchè non è 'quadrata' come le solite canzonette 4/4 che ascolti alla radio. E' così che accade ogni volta che ci scontriamo col diverso, con l'alieno. Se ti dico che (documentandomi) ho scoperto che questa è una danza popolare bulgara chiamata Horo e che nasconde una complessa notazione ritmica, con tempi dispari che vanno da 7/8 agli 11/8, vorrà dire che il virtuoso che la suona non è uno sprovveduto da prendere in giro solo perchè ha una faccia buffa, veste in maniera bizzarra ed i suoi video sono un pò caserecci :-p

 Nel video: Stefan Georgiev, virtuoso di accordion (fisarmonica)

domenica 21 settembre 2014

Orazio e Mariagrazia


Ieri, invitati alla cerimonia del matrimonio di mio fratello Orazio con Mariagrazia. Una cerimonia a lungo pensata e pianificata nei dettagli, quasi più per noi invitati che per se stessi: ogni dettaglio al suo posto, con al centro il loro amore reciproco. E' una bella coppia, e non perchè è mio fratello, ma perchè il loro sentimento è profondo e traspare agevolmente, non possiamo che gioire con e per loro. Un matrimonio poi è anche un momento di riflessione per chi ci è già passato: ci si guarda negli occhi tra consorti e ci si interroga su quale strana congiunzione astrale abbia unito queste due persone, a volte diversissime, e per altre ragioni inspiegabili, riescano a stare insieme per anni e anni (noi 18 anni, per la cronaca). Un rito civile, con reciproca convinzione, un pò in sfida alle tradizioni della Murgia ma molto in linea coi tempi. Location di grande effetto (un'antica masseria pugliese), e poi la musica: ogni momento accompagnato dalle note giuste, che ho apprezzato al 95% (è tutto dire, perchè di solito ai matrimoni mi fermo al 40% di apprezzamento, eheh...). Un milione di AUGURI!!!

(photo: Paolo Fanizzi)

lunedì 28 luglio 2014

Nativi digitali

 

L'altro giorno Cosmo mi fà: "Ma come passavi il tempo tu quando avevi la mia età? Cioè che giochi facevi, senza cellulare e senza tablet?!" Ed io: "Beh, facevo giri di isolati e del quartiere con la bici, poi l'avevo taroccata con dei cartoncini presi dalla tipografia del nonno, messi con le mollette ai raggi per far rumore, infine c'avevo messo un paio di tubi di scarico ai lati e andavo forte, imitando le moto.", "Si, ma i giri in bici li faccio anch'io, quando me lo permetti, vabbè..." "Eh si, lo sai che oggi il traffico è aumentato..." "Si, si, e poi che facevi?" "Poi m'ero costruito dei caschi di cartoncino, sagomati e aerodinamici, sembravo un robot di quelli dei cartoni, c'hai presente Goldrake, Mazinga, quelli che t'ho fatto vedere una volta, eh?" "Si, vabbè. E poi?" "Poi ascoltavo la radio, tanta radio, leggevo fumetti..." Ed infine lui: "... e che palle, ma non ti scocciavi così?!"
Insomma, ne ho ricavato che sono padre di un nativo digitale, anzi due, Martino e Cosmo. E che non serve a niente dire com'erano i miei pomeriggi di dodicenne, ma serve capire i suoi pomeriggi come sono.

venerdì 13 giugno 2014

Zio "D'Artagnan".

Per fortuna ci sono gli anniversari, persone come zio Orazio "D'Artagnan" altrimenti sarebbero dimenticate e questo non deve accadere.
Oggi sarebbe stato un bel settantenne, brizzolato, dal fisico asciutto e ancora di bell’aspetto. Perché da ragazzo Orazio era così, atletico e slanciato, con la passione per l’agricoltura e per la bicicletta, ma anche per il buon ballo paesano, persona semplice, generosa e di solidi principi. Orazio Cammisa, classe 1939, allo scoccare del 1960 lascia il suo umile borgo armato della sua proverbiale determinazione e intelligenza per cercare maggiore sicurezza economica altrove, come tanti suoi coetanei. 


Incoraggiato dal fratello maggiore Angelo, militare, entra nel corpo di Polizia Stradale come volontario, superando le selezioni a Roma. Di lì è inviato in missione tra Genova e Reggio Emilia, dove subito sperimenta la durezza degli scontri tra  manifestanti e forze dell’ordine, nella calda estate ove l’Italia sperimentò per la prima volta un’offensiva della classe operaia rivendicante i propri diritti ed un governo Tambroni (poi dimissionario) che di fronte ad una contrapposizione così dura altro non seppe fare che imporre il pugno duro con le cariche della polizia, culminate con diversi giovani morti. Fervente cattolico, provato da tale traumatica esperienza ma temprato dal lavoro, Orazio comprende che quello di tutore dell’ordine è ben oltre che un semplice mestiere, ma una missione che richiede dedizione totale e profonda convinzione interiore. 
La cosa non lo spaventa affatto, ai valori dell’onestà e del sacrificio affianca quelli del senso dello Stato, trovando compimento in quello che già anni prima è il suo motto preferito:”Il lavoro è onore!”. Sì, perché lui ne è convinto: qualsiasi lavoro si faccia, anche il più umile, se onesto e fatto coscienziosamente e con amore, esso è onore.
Nel 1961 è inviato a Torino per i preparativi del centenario dell’unità d’Italia, aggregato alla stradale: una città vera, grande, di cui Orazio si innamora presto. Si presenta un’occasione inattesa: un posto di sorvegliante al cancello n.8 dello stabilimento Fiat di Mirafiori. 


Per questo posto Orazio è disposto a lasciare il corpo di agente di Pubblica Sicurezza, e grazie al curriculum ed alle ottime referenze, ci riesce. Ora che ha trovato il lavoro che non impone trasferte improvvise e dense di incognite, può finalmente rimettere mano alla sua passione, la bicicletta. Coi colori della titolata squadra Carpano partecipa e vince diverse gare, fra cui la Torino-Pinerolo, in un’epoca in cui i corridori erano solo gambe e sudore, olio di gomito e preparazione tecnica (proverbiale anche la maniacale cura della sua “Bianchi”), nel mito grande Fausto Coppi cui Orazio si sentiva legato per carattere e anche per una vaga somiglianza.
Ad Alberobello ci torna per licenza e racconta ai familiari con entusiasmo di questa bella città, ricca e fascinosa, ma le ferie le trascorre volentieri tra i campi del padre Martino “l’Argonist’”, contadino ma col gusto della buona musica perché anche discreto pianista autodidatta, contribuendo così col raccolto alle esigenze familiari e lasciandosene un po’ per regalarne ai suoi numerosi amici.

Di rientro a Torino un anno lo seguirà anche la sorella minore Nennella, colpita più di tutti dai suoi racconti, ma Torino è bella quanto avara di affetti, specie coi meridionali, per cui Orazio comincia a maturare l’idea di un avvicinamento alla sua terra d’origine ed una nuova svolta si profila all’orizzonte: il concorso per
il posto di Vigile Urbano. Prende lezioni private per prepararsi al meglio, legge il Codice Civile e Penale, si presenta al concorso e lo vince senza esitazioni, dunque rientra in Puglia trionfante insieme alla sorella, per occupare il posto di vigile proprio al suo paese natale, la cara Alberobello, nel 1965.
Qui si distingue per intransigenza, senso del dovere e determinazione: pure il papà Martino ne fa le spese, reo di aver parcheggiato male il proprio carretto agricolo sulla strada pubblica! 


Ma “D’Artagnan”, come gli amici da ragazzo l’hanno soprannominato, sa essere generoso con gli umili e i più piccoli, così come intransigente e severo è coi furbi e i balordi, che riconosce al primo sguardo.
Carmelo era uno di questi, balordo e violento. L’aveva redarguito già diverse volte, a volte perché ubriaco, a volte per la cattiva abitudine di aprire anzitempo il Foro Boario ai mercanti di bestiame compiacenti, magari solo per una birra in più, facendo guadagnare loro il posto migliore. Uno che ragiona di pancia quando a riprenderlo è un tutore dell’ordine e lo fa davanti ai suoi compari di bevuta sogna solo una cosa: un giorno o l’altro lo faccio fuori. E l’occasione si presentò: al 13 giugno del 1974, durante la processione del Corpus Domini, Orazio era in servizio. Entrando al caffè Sport per ripararsi da un momentaneo piovasco salutò tutti, come sempre. L’assassino era tra loro, andò diritto verso di lui col coltello a serramanico pronto: Orazio alzò il braccio in segno di saluto anche a lui, che non aspettava altro.
Un fendente diritto al cuore, appena sotto il taccuino d’ordinanza che avrebbe potuto frenare il colpo e D’Artagnan cadde a terra nel sangue. Neanche il pronto intervento del suo amico medico Franco riuscì a salvarlo, la ferita era piccola e profonda, un colpo preciso.

A casa Cammisa furono momenti di grande agitazione, frasi difficili da pronunciare, la giovane moglie in preda a svenimenti, il figlio di neanche 4 anni allontanato e preso in cura da altri zii, il padre Martino che sostenuto da incrollabile fede cristiana in quel frangente incredibilmente invocava misericordia.
L'assassino scontò i suoi anni per omicidio premeditato, oggi giace anche lui al camposanto, nella solitudine.
Ai parenti del triste episodio resta l’ombra della regia di una mente più raffinata mascherata dal gesto di uno squilibrato nei fumi dell’alcol. A tutti e alle generazioni future, l’esempio di valori universali, di cui oggi v’è penuria o ancora peggio, vi è oggetto di derisione: senso della giustizia e del dovere, imparzialità ed incorruttibilità, generosità verso i miseri, intransigenza coi moderni farisei, sportività, amore verso il prossimo e la famiglia.
Orazio “D’Artagnan”, l’uomo asciutto e alto in divisa, col suo sorriso accattivante rimarrà nella storia di questa comunità per la stima e la simpatia che riscuoteva su tutti, soprattutto svestiti gli abiti ufficiali.

sabato 31 maggio 2014

Musica e hi-fi...

E infine, arrivò il Dolby surround, giusto in tempo per la Festa della Repubblica. Anni di risparmi, ed infine, un impianto degno di casa. Ma partiamo dall'inizio.
Erano i primi anni '90 e con i miei due fratelli condividevamo uno spazio in soffitta e si ascoltava buona musica. Stanza insonorizzata, moquette e luci soffuse, al centro un bell'impiantino hi-fi, costato anche un pò, che qualche anno dopo fu diviso democraticamente: l'ampli a Sirio, i diffusori a Orazio e le sorgenti (CD, piatto vinili e deck cassette) al sottoscritto. Loro ricrearono la catena audio alle proprie dimore, io avevo altri programmi e misi tutto sotto cellophane. Laurea, matrimonio e ragazzini, sono passati quindici anni senza "lo stereo", solo cuffie, MP3 e autoradio nei trasferimenti di lavoro. Insomma, ne avevo abbastanza di musica fugace e senza qualità, in più ho pensato alla responsabilità di far ascoltare correttamente i grandi classici del rock ai miei figli, dopo aver tanto parlato di prodezze tecniche degli ingegneri del suono degli Abbey Road Studios (ed esserci stati pure davanti, a Londra l'estate scorsa). Un impianto hi-fi pensato come uno strumento di lavoro, dalla voce analitica e senza colorazioni. Ma l'hi-fi è anche qualcosa che va d'accordo col buon cinema: gli amplificatori multicanali, quelli che fanno storcere il naso ai puristi ma che tanto piacciono alle famiglie. Insomma una scelta non facile, ma nel frattempo ho cominciato a mettere da parte i risparmi. Gira e gira sul web, tra le centinaia di recensioni e annunci, alla fine un mesetto fa, quasi in contemporanea due annunci: un ampli a Roma e un bel paio di diffusori a pavimento qui in Puglia. Detto fatto, acquisto il primo (Danilo, persona molto corretta e disponibile) e vado in missione alla casa del secondo (Mino, persona altrettanto disponibile e appassionata) armato dei miei cd preferiti. Un pomeriggio intero di ascolto (perchè non c'è recensione o prova di laboratorio che può sostituire l'ascolto diretto di un paio di diffusori, si sa), fotografie degli oggetti e torno a casa. Perchè ogni audiofilo ha sempre una consorte alla quale spetta l'ultima parola, di solito con basso "fattore di gradimento moglie" o in gergo W.A.F., e se non piacciono, pure se suonano benissimo e costano una cifra, non piacciono e basta. Lei guarda attentamente le foto scattate a casa di Mino e mi fa un "m", che equivale ad un debole apprezzamento: una vittoria! Settimana successiva, parto per il ritiro dei diffusori, le carico in auto accuratamente imballate, il proprietario e consorte si dispiacciono un pò ma si riprendono sapendo di darle in mani competenti e altrettanto appassionate. Torno a casa, lavoro di cablaggio, infilaggio cavi (mani spellate ed escoriazioni incluse), staffe e fissaggi a parete, insomma alla fine attacco tutto e ... funziona!!!
Insomma, eccolo qui sotto, ben suonante per me, in tema con l'arredamento, per lei, a far compagnia al tv che già da un annetto troneggiava in soggiorno. I ragazzini ringraziano ;-)


Tipologia impianto : Dolby surround 7.1 | Dati tecnici del sistema:

 


domenica 27 aprile 2014

Santo chi?

Santità è un termine desueto, non fa parte delle categorie moderne. Quindi (come nella migliore tradizione televisiva del Ventennio appena trascorso), una non-verità più la urli e più diventa credibile. Per sfinimento. La chiesa cattolica non può cadere in questo banale errore: e allora, cosa può esserci nell'insolita fretta di santificare G.P. II? Con questa grande freddezza addosso ho salutato l'odierna celebrazione della bisantificazione celebrata in Vaticano, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Mi ritengo un cattolico critico, uno che deve ponderare pure in fatti di fede (ne sono costretto, per formazione e deformazione).
E ora faccio outing: nella mia adolescenza ero uno strimpellatore di "chitarre da parrocchia", animavo messe e cerimonie nuziali. Eravamo a metà anni '80 e tutto ciò era bello e gratificante: credere in un Dio da lodare col canto e con la propria musica (da agostiniano insegnamento) era il massimo. Il mio modello di religiosità era alla Jesus Christ Superstar, per intenderci, ed i miei parroci di allora non ci vedevano nulla di strano in questo, perfettamente nel solco del Concilio Vaticano II. Poi, improvvisamente tutto ciò finì nel 1988 sotto la scure di una "Nota Orientativa" dell'Ufficio Liturgico Nazionale, che di fatto abolì le "messe beat": niente più chitarra-basso-batteria-tastiere-polifonie, solo organo e piccoli strumenti percussivi. Manco a dirlo, questo accadeva sotto il pontificato di G.P. II e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede era il cardinale tedesco Joseph Ratzinger... Da allora per me è stato uno scemare di entusiasmi, per papa Wojtyla e per il cattolicesimo militante, un pò in coincidenza con gli impegni universitari, ma anche per gli avvenimenti: gli anni '90 di una chiesa fatta di grandi eventi mediatici ma lontana dalle istanze più moderne e autentiche e soprattutto una chiesa reticente su corruzione, dittature e scandali interni. La parentesi Ratzinger già archiviata (un amico prete mi vide tutto sommato felice per la scelta di questo nome tra gli altri poco 'papabili', alla fumata bianca del 2005, e mi fissò con uno sguardo truce, di chi vuole dirmi "Non sai cosa ti aspetta!").
Insomma siamo nel 2014, e tutto cio che nel frattempo è accaduto oggi riesco a leggerlo sotto un disegno unico, ahimè grandemente influenzato dalle sfere ecclesiastiche vaticane, trame di potere che nulla hanno a che fare con la Fede. Non ho le parole giuste per esprimere questo disagio nella odierna celebrazione, che accomuna artatamente un santo vero quale papa Roncalli con uno dubbio quale papa Wojtyla, mi affido per tutto quanto il resto alle parole di un prete come don Paolo Farinella, cui rimando. Credo che Papa Francesco (gesuita) tutto questo l'abbia capito, e ha lasciato che questa cerimonia scorresse come programmato: avrebbe potuto rimandare o bloccare, cautamente non l'ha fatto.
Non mi sento meglio per questo outing, ma ora si va avanti: sento il peso della responsabilità di educare correttamente i miei figli alla Fede, devo dire che non è per niente facile.
Unica soddisfazione odierna: la cerimonia in HD con maxischermo 46" in diretta mondiale è una figata! Segno dei tempi. 

giovedì 27 febbraio 2014

"...senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze." (Albert Einstein).
Domani parto per il grande Nord, per un incontro tra colleghi in vista di una nuova opportunità professionale cui credo molto... massimo riserbo, dita incrociate e speriamo per il meglio.

lunedì 27 gennaio 2014

Giornata della Memoria ad Alberobello

Premessa: per me la giornata della memoria è un errore. Perchè dover istituire una giornata per ricordare le vittime della peggiore barbarie umana della storia è come riconoscere che c'è un potenziale negazionista in ognuno di noialtri uomini del 21° secolo, da disinnescare. E dunque (ma solo per questo) vedo questo fatto come un errore. Per il resto ben vengano le celebrazioni, che non possono che fare piacere. Per un alberobellese ancora più questa cosa deve essere sentita, visto che da noi sono transitati (o sostati) diversi reclusi nella "Casa Rossa", un edificio rurale che in quel periodo vide mutata tristemente la sua destinazione d'uso di scuola agraria.


Altri riferimenti: Fondazione Casarossa
Recensione ItriaBarocco.net